Jazzpodium: la nuova intervista con Andreas Brunn

A settembre 2014 su JAZZPODIUM, famoso jazz magazine tedesco, è stata pubblicata una doppia pagina con l’intervista a Andreas Brunn. L’argomento è “Kaleidoscope Freedom”, il nuovo album dei FOR FREE HANDS. Ecco un estratto.

Il Jazz è un meraviglioso sistema aperto – Andreas Brunn

Nel 2007 avevamo già presentato l’inquieto iniziatore e prime mover di incontri multietnici, la persona che riesce a riunire intorno a sé musicisti da tutto il mondo. Come allora il suo modo di suonare la chitarra acustica, il modo di comporre e la sua propensione per le partiture con tempi complessi e per la poliritmia bulgara sono i segni distintivi del suo lavoro.

Ha viaggiato con una carovana di giovani musicisti (fondata da lui stesso) lungo le strade dei Balcani e poi su fino alla Finlandia, e nel mentre ha continuato a insegnare ai giovani come suonare la conga. Ha fondato diverse band: For Free Hands, BalkaNova e un duo con il musicista Hans Hartman, virtuoso del Chapman Stick. Ecco perché ogni cosa in questa intervista può sembrare familiare ma allo stesso tempo nuova. (Alexander Schmitz)

Il nuovo “Kaleidoscope Freedom” è il “gancio” per questa intervista, a parte il fatto che l’ultima intervista con Andreas Brunn risale a otto anni fa..

ANDREAS BRUNN – “Kaleidoscope Freedom” è un album davvero importante per me. In un momento davvero difficile della mia vita, ho messo tutte le mie energie in questo lavoro. Per me è come una dichiarazione musicale ed esistenziale! E di sicuro ho sviluppato il mio modo di pensare e comporre in questi otto anni.

Ma la tua filosofia stilistica non è cambiata più tanto – jazz con elementi europei, metriche dai tempi complicati, Bulgaria…

E’ così, oltre a una nuova attenzione a certi concetti poliritmici che sono stati aggiunti alle ultime composizioni. Per esempio io uso una metrica balcanica, ma allo stesso tempo un normale 4/4 e con queste basi ho creato una composizione in cui entrambi i ritmi possono essere seguiti allo stesso modo come, per esempio, in “Perpetuum Five” o in “Kaleidoscope Freedom”. In questo modo può emergere un differente tipo di ritmica che ti permette di cercare la migliore metrica, oppure ti lascia spazio per improvvisare. Si ha la libertà di passare tra due tempi, da uno all’altro e viceversa. E’ davvero divertente!

E’ come se tu “entrassi e uscissi” dal jazz…

Esatto! E’ una specie di gioco ritmico dentro/fuori. Sono stato ispirato da Avishai Cohen, che ha scritto fantastiche poliritmiche, come per esempio in “Gently Disturbed”.

“East Side Story” con Vladimir Karparov e ora “Kaleidoscope Freedom” con la FFH… sono titoli con chiare associazioni storiche contemporanee.

Nel 1988 mi sono trasferito a Berlino Est, in un appartamento vicino al Muro, e ho vissuto personalmente e da vicino la sua caduta e la nascita di quella che oggi si chiama East Side Gallery. Quel pezzo di Muro ha un significato speciale: rappresenta l’euforia del “Dopo Caduta”, espressa in maniera artistica. Nel novembre 2014 si sono festeggiati i 25 anni dalla Caduta. Ho voluto intendere quei cd come dei messaggi. Un tributo alla libertà, alla bellezza che c’è nella musica e al buono che c’è nell’umanità. Ciò ha a che fare con la mia storia personale, con la mia esperienza di prigioniero nelle carceri della Stasi, ma anche con molti tristi sviluppi del recente passato. Questo non resta in primo piano, ma è sempre con me e mi aiuta a comporre. E’ la ragione per cui questo messaggio è davvero molto importante per me.

Leave a Reply